Otomicroscopia

L’otomicroscopia è un'indagine obiettiva del condotto uditivo e della membrana timpanica e si effettua con un microscopio ottico che permette di esaminare i dettagli anatomici permettendo di valutare accuratamente l'orecchio in tutte le sue parti.

Questa procedura, non dolorosa e di semplice esecuzione, consente di procedere con l'attuazione di criteri strumentali con obiettivo diagnostico-terapeutico sotto diretto controllo visivo. L'otomicroscopia diventa fondamentale quando occorre intervenire nell'orecchio in tutta sicurezza con apposita strumentazione, per la rimozione di eventuali secrezioni patologiche e non, come cerume, pus, essudato o materiale micotico.

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angle-left Le evoluzioni della chirurgia oncologica
Le evoluzioni della chirurgia oncologica

Negli ultimi decenni si è registrato un’avanzamento in termini migliorativi nell’ambito della chirurgia oncologica, basti pensare che negli anni ‘70 le possibilità di guarire da un tumore non superavano il 30-35%, ora invece arriviamo ad una percentuale che supera il 60%.

Questi numeri sono relativi ad una media tra tutte le tipologie di tumori: per alcuni di questi, infatti, vi sono ancora molte problematiche da risolvere dal punto di vista della guarigione, mentre per altri, per esempio il tumore alla mammella, si è raggiunto e superato il 90% di chance curative.

Il miglioramento nelle cure dei tumori si è sposato con un'attenzione assoluta alla qualità di vita dei pazienti.

Dal punto di vista funzionale, infatti, ciò ha comportato una riduzione del rischio di disfunzioni: pensiamo alla chirurgia del colon-retto, a quella dei tumori degli arti. Altri interventi, purtroppo, talvolta necessitano di una radicalità che comporta il sacrificio di strutture anatomiche.

Nei tumori ginecologici o gastrointestinali questo tipo di avanzamento della chirurgia oncologica è dipeso dalla combinazione con radio e chemioterapie, spesso pre-operatorie.

Questo permette agli specialisti di operare quando la malattia si è ridotta significativamente e consente:

  • interventi meno demolitori
  • miglioramento della qualità di vita del paziente
  • una serie di funzioni recuperabili nel post-operatorio

Vi sono diversi avanzamenti molto significativi nell’ambito della chirurgia oncologica; si registrano innovazioni per quanto riguarda le suture intestinali, per esempio, utilizzate per ricongiungere l'intestino dopo la rimozione della parte malata. 

In passato, il chirurgo doveva suturare a mano queste parti dell'intestino per ricongiungerle, adesso l’utilizzo di strumenti d’avanguardia garantisce grande precisione e massima tenuta nel post operatorio.

Questi avanzamenti degli ultimi dieci e vent'anni portano a un’enorme riduzione delle complicanze post-operatorie e di un decorso post-operatorio più celere. Ciò naturalmente va a vantaggio della qualità di vita dei pazienti.

Vi sono poi ulteriori evoluzioni legate all’ambito strettamente oncologico, come per esempio nella chirurgia laparoscopica, procedure che vedono l’utilizzo della verde indocianina, un colorante che una volta iniettato, consente di identificare facilmente il linfonodo potenzialmente malato.

Questo ovviamente è un altro elemento che aiuta l’aumento delle curve di guarigione definitiva. 

Le conseguenze positive sono estremamente significative. 

Nell’ambito dei carcinomi della mammella per esempio, la possibilità di evitare inutili asportazioni dei linfonodi ascellari, spesso causa di fastidi o forti dolori.

Per quanto riguarda il tumore al colon o del retto, invece, la possibilità di evitare l’inserimento della sacchetta definitiva, operazione che oggi possiamo evitare, andando ad operare con un intervento conservativo dello sfintere anale.

Questi nuovi approcci incidono di gran lunga sulla psiche, la funzione e la socialità del paziente: nel nostro decennio siamo ormai propensi a ottenere il massimo risultato oncologico con il miglior risultato di qualità della vita.

 

Nell'ambito dei tumori al colon-retto vi sono due sedi prevalenti:

  • i tumori del retto in senso stretto, ovvero la zona dell'intestino più bassa, appena sopra il canale anale
  • i tumori del colon destro

Sono due tumori totalmente differenti, soprattutto per l'approccio che richiedono. 

I tumori del retto, devono essere trattati prima con la radiochemioterapia pre-operatoria che, in seguito ad una riduzione volumetrica del tumore, consente al chirurgo minor interventi e quindi una minor possibilità di dover effettuare una stomia.

Questo è un tipo di tumore che viene spesso trattato in fase localmente avanzata, perché la diagnosi generalmente è tardiva in quanto il paziente spesso non dà grande importanza al sanguinamento o ad altri sintomi

Per questo tumore i risultati positivi sono in costante aumento, stiamo arrivando a poter curare i 2/3 dei casi.

I tumori del colon destro risultano molto più insidiosi. 

È tipico degli anziani e che viene spesso trattato in fase già avanzata: è infatti localizzato in una sede che non porta quasi mai ostruzioni ma piuttosto causa sanguinamenti che possono essere misconosciuti, o anemie.

Il grande vantaggio è che la zona interessata è molto lontana dall'ano e quindi nell’intervento di asportazione della parte destra del colon, che include per esempio il colon destro e il cieco, vi è sempre la possibilità di ricongiungere l'intestino senza alcun rischio di dover realizzare sacchette definitive

I trattamenti chirurgici dei tumori del colon-retto fondamentalmente si diversificano in funzione della sede anatomica del tumore:

  • per il tumore del colon destro: l’emicolectomia destra, ovvero l’asportazione la parte destra del colon 
  • per il tumore del colon trasverso: la resezione del colon trasverso 
  • per il tumore del colon sinistro: emicolectomia sinistra, ovvero l’asportazione della parte sinistra del colon
  • per il tumore del sigma o del retto: la resezione anteriore, che comprende una recisione che arriva a un margine distale più basso rispetto a quello dei tumori del colon. 

Ci sono dei fattori da tenere presente nel trattamento di questi tumori e che nel corso della mia quarantennale esperienza nella chirurgia oncologica del colon-retto presso i due Istituti nazionali tumori di Roma e Milano, ho incontrato innumerevoli volte.

Per prima cosa, non basta asportare il viscere includente il tumore, ma bisogna asportare tutti i linfonodi cosiddetti regionali, ovvero quelle ghiandole che sono fuori dal colon e che sono il primo punto di drenaggio del carcinoma. 

In secondo luogo è fondamentale, per arrivare a un trattamento curativo radicale ottimizzato, esplorare sempre tutta la cavità addominale.

Ci sono infine elementi che incidono sulle chance curative del paziente che sono legati prettamente all’esperienza del chirurgo: per esempio nei casi di ricostruzione, soprattutto per i tumori del retto che richiedono una radiochemioterapia pre-operatoria, è importante definire:

  • l'eventuale riduzione del tumore.
  • Il tempo che intercorre tra la fine della chemioterapia e la chirurgia. 
  • valutare l’asportazione del retto malato senza dover penalizzare il paziente con una sacchetta definitiva. 

Ecco, questi sono tutti aspetti che, oltre che a puntare a un miglioramento della qualità di vita postoperatoria, incidono in maniera decisiva sulle chance curative.

Nell'ambito dei tumori dell'apparato digerente, la chirurgia radicale rappresenta ancora l'elemento terapeutico con la maggiore possibilità di chance curative. 

Tuttavia si può dire che ci sono stati innumerevoli avanzamenti rispetto ai decenni passati: se pensiamo al carcinoma dello stomaco o del pancreas che sono tradizionalmente molto difficile da curare, grazie ai trattamenti pre-chirurgici, quindi la radiochemioterapia o la sola chemioterapia prima della chirurgia, oggi possiamo incidere molto sulle chance di radicalità dell'intervento o sulle possibilità di guarigione, rispetto ai casi trattati in passato.

Inoltre altri fattori quali lo stadio del tumore, la situazione intra-operatoria riscontrata dal chirurgo o una chemioterapia post-operatoria adiuvante possono contribuire all'aumentare delle percentuali di sopravvivenza.

Per quanto riguarda i trattamenti relativi al tumore del fegato, possiamo dire che ci sono stati enormi passi avanti dal punto di vista degli strumenti: 

  • la tecnologia robotica
  • l’ecografia epatica intra-operatoria, grazie alla quale siamo in grado di avere un quadro molto preciso e affidabile della situazione. 
  • manovre intra-operatorie, anche in due tempi, che consentono di agevolare la ricrescita del fegato prima di interventi ampiamente definitivi. 

Da questo punto di vista, anche per i tumori primitivi del fegato le chance curative stanno aumentando, proprio perché vi è un'altra grande arma: il trapianto del fegato, grazie al quale quelli che erano visti come tumori non trattabili, sono diventati curabili in molti casi in maniera definitiva. 

Tenendo conto del fatto che parliamo di tumori con un altro rischio di recidiva, ovvero con possibilità che si ripresentino le metastasi epatiche, è una grande traguardo riuscire a trovare delle soluzioni di tipo chirurgico combinate per trattare il paziente, nei casi in cui la malattia malauguratamente si dovesse ripresentare. 

Nei tumori dell'apparato digerente il trattamento multidisciplinare è spesso decisivo in termini curativi perché la chirurgia può offrire delle percentuali di guarigioni medie o elevate, ma aggiungere trattamenti come la chemioterapia e la radioterapia può realmente aumentare le possibilità di guarigione. 

Il trattamento multidisciplinare oltre a combinare diversi elementi terapeutici può anche essere di grande utilità per il paziente, in termini organizzativi e logistici.

In molte strutture come alla Casa di Cura San Camillo, viene offerta al paziente una presa in carico a 360° e dunque ha la possibilità di confrontarsi con un unico team composto dai diversi specialisti e discutere del trattamento a lui prescritto.

La casa di cura San Camillo vuole prendersi cura del paziente stomizzato, offrendo un servizio di assistenza stomatologica con il fine di aiutare il paziente nella gestione di paure o dubbi sulla sua condizione, grazie all’assistenza da parte dell’équipe infermieristico e naturalmente del supporto del chirurgo che ha eseguito l'intervento.
Per il paziente infatti diventa fondamentale avere un punto di riferimento che lo sostenga e che lo aiuti a sciogliere ogni dubbio e a gestire le problematiche che la sua situazione comporta.

La stomia è la sacchetta che si realizza sul paziente per eseguire una deviazione temporanea o definitiva del transito intestinale e quindi tanto più l'intervento è stato a carico del retto e del retto distale, cioè quello più vicino all’ano, tanto più questo rischio di stomia può aumentare. 

Ciò che attualmente noi preferiamo realizzare, non a scapito della radicalità ma sempre in funzione di una migliore qualità di vita del paziente, è una stomia temporanea.

Proprio perché, esclusivamente nei tumori del retto che vengono sottoposti a radio chemioterapia pre-operatoria, questi tessuti che naturalmente usufruiscono del beneficio terapeutico del trattamento, vengono anche danneggiati da questi trattamenti combinati e quindi sono più fragili; dunque la sutura che si realizza a pochi centimetri dall'ano, risulta delicata e a maggior rischio di complicanze. 

Realizzare una stomia temporanea vuol dire realizzare una sorta di circuito grazie al quale il transito delle feci non arriva nel punto della sutura, ma il materiale intestinale fuoriesce prima e dà quindi la possibilità per un certo numero di settimane alla sutura di aderire e guarire. Infine con un piccolo intervento si potrà effettuare l’eliminazione della stomia temporanea. 

Quella definitiva dunque, è attualmente l’opzione chirurgica che viene presa in considerazione solo se indispensabile, ovvero nei casi di tumori all’ano che siano carcinomi o melanomi.

Anche in questo caso però possiamo vedere un netto miglioramento per la qualità di vita dei pazienti: 

  • staff dedicati di stomatologia che possono aiutare a educare il paziente a una gestione personale della stomia
  • presidi che sono nettamente tecnologici e consentono di renderla praticamente invisibile

Per prevenire il carcinoma del colon-retto si può fare moltissimo, a partire da piccole attenzioni nella vita di tutti i giorni: seguire una dieta equilibrata, mantersi costantemente in movimento e infine eseguire visite di controllo soprattutto se ci sono rischi legati alla familiarità.

Il tumore del colon-retto non è un tumore ereditario, ma vi è sicuramente una predisposizione familiare. Se c'è stato uno o più casi aumenta il livello d’attenzione e quindi si richiede di anticipare la classica colonscopia preventiva eseguita ai 50 anni, in funzione del numero di familiari che si sono ammalati.

Non bisogna ovviamente dimenticare i fattori di rischio più noti che aumentano la possibilità di ammalarsi di cancro del colon o di tumore del colon-retto: il fumo e l'alcol. 

Insieme a ciò, la dieta in termini preventivi gioca un ruolo fondamentale, perché l’assunzione di fibre riduce questo rischio in modo significativo proprio perché l'eccesso delle proteine dei grassi porta un maggior rischio di tumore. È importante sottolineare che tutti questi fattori di rischio, se combinati insieme portano ad un maggior rischio di tumori del colon-retto.

Il sangue occulto delle feci rimane un formidabile elemento preventivo, però purtroppo è un esame che è gravato da un certo rischio di risultati falsi negativi. Cioè il tumore c'è, ma il sangue occulto non lo trova. 

Ecco perché ormai da molti anni, direi almeno gli ultimi due decenni, tutte le linee guida nazionali e internazionali suggeriscono una colonscopia dopo i 50 anni, ogni cinque anni. 

Spesso questo esame ci aiuta a intervenire sul piccolo polipo, che è un tumore benigno ma anche precursore assoluto e costante del carcinoma del colon.

Il polipo si asporta con una banale procedura endoscopica ambulatoriale.

La diagnosi di tumore del colon-retto avviene prima di tutto attraverso la colonscopia, un esame endoscopico che ci consente di osservare la superficie interna del colon e del retto attraverso il quale possiamo arrivare a capire se e dove è situato il tumore.

È un esame che ormai si può fare in sedazione o addirittura con anestesia ambulatoriale, quindi senza nessun tipo di fastidio o dolore. Attraverso delle biopsie, possiamo arrivare a fare l'esame istologico e tipizzare il tumore. 

In caso di diagnosi di carcinoma del colon o del retto, il secondo passaggio è la tac del torace e dell'addome così da avere la certezza, almeno radiologica, che questo tumore non abbia già provocato metastasi a distanza che porterebbero a modifiche anche significative tutto l'iter terapeutico.

Per i tumori del retto la tac non è sufficiente, ma in funzione di decidere quale sarà il percorso ottimale da perseguire, la chirurgia o la radiochemioterapia pre-operatoria, la risonanza magnetica della pelvi con mezzo di contrasto ci consente una definizione molto accurata di tutto quello che è il contorno tumorale e quindi non solo della parte viscerale, ma anche dei linfonodi, quello che l'habitat complessivo regionale del tumore. 

Infine si può arrivare ad effettuare un’ecoendoscopia, grazie all’applicazione di una piccola sonda a ultrasuoni sulla punta dell’endoscopio possiamo arrivare a capire l'avanzamento del tumore nella parete intestinale.

La familiarità interessa una piccolissima percentuale di tutti i tumori del colon-retto, si parla del 2%, e comprende una serie di malattie che rientrano nella famiglia delle poliposi, ovvero si eredita un codice genetico che porta a una formazione molto precoce anche in età adolescenziale, di decine e centinaia di polipi dentro il colon-retto; ognuno di questi è un potenziale precursore di un carcinoma. 

Per questa tipologia di tumori del colon-retto si arriva a trattamenti purtroppo molto più demolitivi, ovvero siamo costretti ad asportare tutto l'organo e non più solo il distretto, come per un carcinoma isolato.

I sintomi di un carcinoma del colon-retto in alcuni casi possono essere molteplici e in altri del tutto assenti.

Per i tumori del colon, il sintomo più frequente, soprattutto per i pazienti più anziani, è l'anemia che può essere accompagnata da segni visibili di sangue misto alle feci.
Spesso però, questo tipo di segnale non c'è e quindi il tumore cresce. Il sintomo tardivo, in una fase anche avanzata della malattia, è l'occlusione ovvero la difficoltà sempre maggiore a evacuare e forti dolori addominali. In questi casi si tratta di tumori del colon chi vengono trattati con interventi d'urgenza.

Per i tumori del retto i sintomi sono maggiormente osservabili: oltre il sanguinamento altri segni possono essere la difficoltà ad evacuare e il cosiddetto tenesmo rettale. In una fase più avanzata insorgono poi dolori addominali, proprio perché il tumore al di fuori della parete del retto incomincia a espandersi e a cercare spazio in strutture vicine anatomiche. 

In conclusione è fondamentale tenere sotto controllo sempre le evacuazioni, controllando la presenza di sangue così da poter effettuare controlli tempestivi e magari una colonscopia, Tutto ciò può essere decisivo.